slide 1
Slide 2
Slide 3
Slide 4
Slide 5
Slide 6

Strip of happiness

Dopo una lunga serie di riflessioni, labili certezze, speranze deluse e una discreta pratica del mezzo, mi sono convinto che l'essenza primaria della fotografia rimane indissolubilmente legata alla memoria, alla nostalgia del tempo che passa e all'esigenza di strappare all'oblio qualche istante fugace della vita.
Proprio per questo mi piace pensare che il vecchio supporto di gelatina ai sali d'argento così vulnerabile e soggetto al deterioramento causato dallo scorrere del tempo sia il testimone più attendibile di quelle emozioni scaturite in alcuni particolari momenti.

La pellicola infatti con la sua superficie e la sua texture, conserva spesso oltre alla materializzazione delle emozioni anche quelle cicatrici che l’esperienza del tempo provoca sulla “pelle della memoria”. Con l’intento di indagare questo connubio mi sono messo alla ricerca di frammenti e strisce di pellicola su cui le graffiature e i danneggiamenti valorizzassero anche esteticamente l’idea di caducità rispetto all’immagine cristallizzata.

Mi sono così imbattuto in alcune bobine di film in pellicola cinematografica girati in 16 mm da una famiglia inglese presumibilmente nella prima metà degli anni 50: alcune sequenze di momenti felici e spensierati che potrebbero appartenere alla quotidianità di molte famiglie. Dopo aver esaminato l’intero girato ho deciso di intervenire su alcuni frames riproducendo fotograficamente le immagini, trattandole chimicamente o creando delle sovrapposizioni con altri fotogrammi.

Questo approccio tecnico mi ha consentito di creare un rapporto personale con immagini che appartengono all’album di una famiglia a me sconosciuta mantenendo o esaltando quelle “incertezze” tipiche dell’emulsione fotografica che riescono ad evocare in maniera così diretta l’idea della precarietà e della vulnerabilità, due caratteristiche tipicamente umane. Sarà forse una forma di ingenuità ma oltre a ciò vi è anche un ulteriore spunto di riflessione che questa esperienza ha lasciato.
Mi piace l’idea, infatti, che la vita di queste immagini, appartenenti a un diario intimo, non si sia esaurita con la sua destinazione naturale di album di famiglia ma sia riuscita a fornire nuove emozioni e significati a uno sconosciuto, che ne è venuto in possesso accidentalmente.